
Chiara Giacobelli è un’autrice di carattere nazionale, è una giornalista. Ci siamo scritte, abbiamo chiacchierato un po’ e si è dimostrata essere una delle persone più umili e complete che abbia conosciuto. Chiara è una di quelle persone dal carattere importante, dall’animo gentile, che ancora si stupisce per le belle parole che le persone hanno nei suoi riguardi e nel suo libro. Ironica, spontanea, vera, queste sono le caratteristiche che sono emerse nella nostra chiacchierata privata e in questa che tra poco leggerete.
Che altro aggiungere? Leggete quello che ci siamo dette…
Buongiorno Chiara, ben arrivata tra le pagine di Destinazione Libri, possiamo offrirti un caffè? Ehm… Prima mia figuraccia della giornata, alla Vivienne: non bevo caffè. Però prendo volentieri un succo di frutta alla pesca, grazie.
Rompiamo il ghiaccio, cosa fai nella vita di tutti i giorni? Hai voglia di raccontarci qualche cosa di te? Sono una scrittrice e una giornalista, quindi la mia vita è molto varia: ci sono momenti di scrittura pura, altri di ricerca, interviste fatte e ricevute, promozione dei miei libri, articoli da preparare e taaaante public relations. In generale posso dire di svolgere un lavoro che non sento come tale, il che è bellissimo, e anche di aver conquistato negli anni una discreta libertà di azione e di scelta. A volte le persone pensano che ciò sia pura fortuna, in realtà c’è stato e c’è ancora tanto lavoro dietro.
Quanti libri hai pubblicato? Questo è il decimo e a novembre uscirà l’undicesimo, “101 cose da fare in Veneto almeno una volta nella vita”. Da pochi giorni è in libreria anche l’edizione tascabile di “Forse non tutti sanno che nelle Marche…”, ma non credo che si possa conteggiare come un libro in più.

Di cosa parla il tuo libro? Di una ragazza buffa e imbranata con varie fobie causate da un passato traumatico che a un certo punto si ritrova di fronte all’occasione attesa da sempre: scrivere la biografia della sua attrice preferita. Partirà per l’Italia spaventata, prevenuta e malfidata, per diventare grazie a un uomo speciale – ma non perfetto – una persona migliore, ritrovando se stessa e quella speranza nel potere della vita che aveva ormai perso. Il tutto è condito da numerose figuracce, misteri da svelare a tingere di giallo il libro, quel pizzico di romanticismo che non guasta mai e scenari meravigliosi in cui ho voluto ambientare la storia. In generale, nonostante sia stato inglobato all’interno del filone “romance”, posso dire che – come ha colto qualche giornalista – dietro una prima lettura apparentemente leggera, ironica e divertente ci sono tanti spunti di riflessione e messaggi importanti da passare al pubblico.
L’idea di scrivere questo libro è nata come sfogo, come necessità o per la voglia di dare raccontare e condividere qualche cosa? E’ nata in realtà come terapia durante una mia lunga e snervante malattia, all’interno della più ampia Terapia del Sorriso su cui potremmo scrivere un libro a parte. Purtroppo in Italia non è ancora abbastanza nota, ma consiste nell’utilizzare il sorriso, la fantasia e le arti per affrontare, e si spera superare, avversità di tipo psicologico o fisico. Parliamo ad esempio di clownterapia, teatroterapia, letture divertenti o appunto scrittura auto-ironica attraverso la quale “prendere in giro” se stessi e la propria problematica.
Vivienne è una figura buffa e simpatica che tuttavia nasconde un passato pesante tanto quanto quello del protagonista: la bravura di un autore in questo senso sta nel trattare tematiche delicate senza generare allontanamento nel lettore, ma al contrario empatia. Facile a dirsi, nella realtà molto difficile da fare.
Qual ‘è stata la parte più difficile quando hai scritto il libro? Sapere di andare controtendenza in merito a diversi aspetti che mi aspettavo non sarebbero stati compresi da tutti. Uno è, ad esempio, il personaggio maschile, che in tanti si limitano a vedere come perfetto, senza soffermarsi sulle molte fragilità che egli presenta: è estremamente autocritico con se stesso, tende a darsi la colpa per tutto dimostrando di essere alquanto insicuro di sé, non riesce a instaurare facilmente relazioni con persone esterne alla sua famiglia e non è capace di perdonare suo padre. Nonostante ciò, è un personaggio da prendere ad esempio forgiato (ad eccezione dei trami subiti) a immagine e somiglianza di Sean Ferrer, il figlio di Audrey Hepburn che ho avuto la fortuna di conoscere. A me premeva costruire dei modelli positivi e realisti, che tuttavia non sempre vengono accettati dalla collettività. Il motivo è semplice: è più facile dire “non esiste” piuttosto che “non ho ancora conosciuto un uomo così” o “per il momento non sono riuscito ad essere come lui”, specie in merito a pazienza, generosità, sentimenti onesti e puliti (tralasciando l’aspetto fisico che poco conta).
Difficile è stato anche tenere insieme le fila di un romanzo estremamente eclettico e complesso dietro l’apparente facciata da chick-lit, in quanto fusione dello stile anglosassone con la profondità europea. Alla fine penso che esistano tanti livelli diversi con cui leggere questo libro: ci sarà chi si ferma al primo e passerà qualche ora divertendosi, ma ci sarà anche chi saprà cogliere gli insegnamenti “nascosti” e ne farà tesoro, primo fra tutti quello di accettarsi per come si è, perché l’amore arriva anche per i casi umani!
La scelta dei personaggi come è nata? In merito ad Alex Lennyster ho già risposto sopra; Vivienne è un po’ il mio alter ego letterario, a cominciare dal fatto che tutte le gaffe e le figuracce raccontate mi sono capitate realmente. A ciò ho voluto aggiungere motivazioni più serie che l’hanno condotta a vedere la vita con disincanto e rassegnazione, per poi farla crescere pagina dopo pagina grazie a un amore che non scappa davanti alle difficoltà. Per forgiare entrambi i protagonisti sono stata aiutata da un’equipe medica preparatissima.
Infine la madre del protagonista, Elisabetta Grimaldi, è liberamente ispirata a Audrey Hepburn, a Rossana Podestà, a Marta Marzotto e a Maria Luisa Spaziani. In lei e negli accadimenti della sua vita ho fuso insieme la mia fantasia con episodi e personalità realmente esistite, compresi aneddoti inediti carpiti dalle loro labbra negli ultimi anni, come nel caso della Marzotto o della Spaziani.
Ti trovi alla fine del tuo libro, metti il tuo ultimo punto: che sensazione provi Smarrimento. E adesso?
Il rapporto con i lettori per un autore è importante, com’è il tuo? Nonostante sia il mio decimo libro, gli altri erano di varia e quindi non si era mai creato un rapporto così bello, intimo e a volte anche di amicizia con le tantissime persone che mi scrivono ogni giorno. Per me è tutto nuovo, quindi sto arrancando un po’ nella gestione della cosa, specie quando arrivano critiche gratuite e senza alcun senso mosse da evidente invidia. A volte mi capita di pensare alla canzone di Gianni Morandi “Uno su mille ce la fa” e mi piacerebbe scrivergli per dirgli che si è dimenticato di avvertire che se sei quell’uno su mille, magari anche giovane e non proprio brutto, gli altri 999 probabilmente ti prenderanno di mira e faranno di tutto per boicottarti, colpendo la tua sensibilità.
Per fortuna finora nel mio caso sono stati molti di più i casi di lettori e giornalisti con cui si è instaurato un rapporto bellissimo, ma ad ogni modo è necessario che io impari a distaccarmi emotivamente dalla mia opera una volta che questa entra nel girone del business e viene esposta a tutti i venti se voglio salvaguardare la mia incolumità psico-fisica.
Che rapporto hai con i social? Pessimo, come con tutta la tecnologia in generale. Da questo punto di vista penso di essermi fermata all’Ottocento, con Jane Austen e compagnia bella. D’altra parte me lo dicono tutti che sembro una dama pre-raffaellita, o comunque di qualche epoca antecedente a questa. Ammetto di avere delle persone che mi aiutano nella gestione dei social, da sola non saprei dove mettere le mani.
Chiara che lettrice sei tu? Eclettica e curiosa, che sono poi i tratti caratterizzanti la mia personalità. Passo dalla lettura leggera al mattone di turno, adoro i classici, meno la narrativa contemporanea, ma la seguo per lavoro. Forse l’unica scrittrice vivente che amo veramente tanto e ritengo essere davvero brava è Melania Mazzucco, ma mi riservo di leggere ancora molte altre scrittrici.
Scriveresti un genere completamente diverso da quello che hai scritto? Sì certo, l’ho già fatto in passato scrivendo guide turistiche in forma narrativa, testi storici sempre con un taglio alternativo costituiti da racconti, saggi impegnati come “Furio Scarpelli. Il cinema viene dopo” che porta la prefazione di Ettore Scola e ha vinto diversi premi di rilievo. I miei prossimi progetti vanno verso generi ancora diversi. Mi piace cambiare e provare tutto, o quasi.
Un libro che non leggeresti mai… cosa deve avere o cosa manca? Non sopporto gli horror, ma non perché manchi loro qualcosa. Semplicemente mi fanno paura.
Blog letterari, ce ne sono tanti, sono seguiti secondo te? Cosa pensi di questi? A dire il vero li sto scoprendo con l’uscita di questo romanzo, prima avevo rapporti prevalentemente con giornalisti. Non so dirti se siano seguiti o meno, ma penso vari molto da blog e blog. Sicuramente ho notato che ce ne sono alcuni professionali e ben fatti, altri meno.
Quanto è difficile far conoscere i propri libri? Dipende da tanti fattori: genere, casa editrice, agenzia letteraria, ufficio stampa, capacità di darsi da fare dell’autore, bacino d’utenza, e forse anche quello che chiamano talento.
La domanda che non ti abbiamo fatto e che ti aspettavi? Come mai hai scelto proprio il Golfo dei Poeti come ambientazione. Risposta: visitatelo e poi ditemelo voi…
La copertina del tuo libro è fantastica, come è nata? Scelta totalmente dalla casa editrice e approvata da me prima del Visto si stampi.
Ti ringraziamo Chiara, per essere stata con noi, per averci dato la possibilità di parlare di te, presto ti rivedremo protagonista sempre in queste pagine, per parlare del tuo libro.
Alessandra