Sono nata in un periodo in cui non esistevano i cellulari. A casa c’era ancora il classico telefono con la “rotella” fatta di buchi in cui dover inserire il proprio dito per comporre il numero. La tv non era al plasma e il pc si attivava ancora con i “dischetti”. Esistevano già anche i videogiochi, quelli portatili come il game boy, però, non erano ancora a colori, ma che importava? Tanto c’era super Mario!
Dagli anni ’80 ad ora la tecnologia ha fatto passi da gigante e invade le nostre vite, a volte, facendo da padrona. Ormai, non si può più nemmeno immaginare di vivere senza internet e senza cellulari. Il modo di percepire le cose e il mondo stesso è cambiato, non ci sono più barriere in nessun senso.
Ma quanto bene fa questa tecnologia? Mi sono posta questa domanda mentre leggevo un libro che ho recensito da poco: “Mio nipote nella giungla” di Oliver Beha. Ebbene mi sono detta, che a dispetto di quanto affermato in quel libro, l’era tecnologia in cui siamo stati catapultati (quasi da un giorno all’altro, senza preavviso) non è poi così inabitabile, o meglio, forse lo è per la lunga schiera di adolescenti del ’68 (tipo mio padre), insomma per quelli che non smettono mai di dire che tutto prima era migliore e più genuino, non solo il cibo.
Io stessa ammetto di aver faticato, e a volte faccio ancora fatica, ad abituarmi ad usare tutti questi aggeggi di ultima generazione, sembra che ogni giorno ne spunti fuori una nuova, ma ho capito che non si può andare controcorrente senza rimanere, irrimediabilmente, esclusi. Ormai fa parte di noi e anche il modo di leggere è stato investito da una ventata di novità e originalità, come? Con l’invenzione dell’ e-reader, cos’é? Sono sicura che già conoscete la risposta, ma se vi va leggete il mio prossimo articolo e lo scoprirete.
Marta