TUMBARELLO ROBERTO VIAGGIO NELLA VITA

Vi segnaliamo un altro interessante romanzo firmato Armando Editore, Viaggio nella vita di Roberto Tumbarello.index

SINOSSI

Non poteva trovare modo più originale Roberto Tumbarello per
mettere a confronto l’Italia di oggi con quella che risorse dalle macerie
del dopoguerra. È attraverso aneddoti della sua vita e della carriera –
tristi e divertenti, talvolta commoventi – che descrive la provincia meridionale,
dove è cresciuto, e l’ambiente internazionale nel quale, poi,
è vissuto. Con un racconto stringato e una prosa succinta e musicale
ci fa vivere – mirabilmente, come pennellate su tela – le differenze tra
l’odierna borghesia, che mendica briciole di potere, e quella del suo
esordio, che guidava responsabilmente la società.
Non accusa mai i politici, come fanno sbrigativamente tutti, perché,
essendo lo specchio del paese, non possono essere migliori. Non
meriteremmo neppure questi, dice. Quando classifica l’Italia da quinta
elementare – anzi da quarta – non si riferisce al popolo, che ha il diritto
di essere com’è. Ma agli intellettuali, agli artisti, ai professionisti e
al ceto produttivo, che, anziché difendere e rafforzare i diritti dei cittadini,
sguazzano nell’ignoranza e cedono la propria dignità per pochi
centesimi, talvolta in cambio di niente, solo per servilismo.
Il libro vuole dimostrare come, inseguendo denaro, potere, sesso
e visibilità, si perdano di vista le vere gioie della vita, che derivano
dal vedere gli altri sorridere felici, come gli insegnò Madre Teresa di
Calcutta. Perché la vita è meravigliosa e anche più facile, disponendo
solo del necessario. Lui che ha conosciuto tanti uomini ricchissimi,
celeberrimi e potenti, assicura di non averne mai visto uno felice.
Non è affatto un saggio biografico. Il racconto delle peripezie che
ha vissuto, degli errori che ha commesso, dei traguardi che avrebbe
potuto, ma non ha voluto raggiungere sono tutte occasioni per descrivere
la società della neonata Repubblica e quella che stiamo vivendo.
Con pregi e difetti, travagli e ambizioni, ma soprattutto con la fortuna
che ognuno di noi ha di essere al mondo. Tumbarello non perde occasione
per esaltare, con l’aiuto di una ricca aneddotica, i valori della
vita e la gioia di chiunque di svegliarsi ogni mattina, anche se per
vivere in condizioni disagiate e persino su una sedia a rotelle.
Pur essendo prettamente laico, il libro è ricco di riferimenti evangelici
e di episodi che rivelano una particolare ammirazione per Giovanni
Paolo II. Perché chi crede è più attendibile di chi finge. Infatti,
Tumbarello si sente più ispirato da quando il Papa santo invocò su di
lui una speciale benedizione. Non chiese nulla per sé, come sua abitudine.
Solo la capacità di individuare la verità da raccontare ai suoi
lettori, i soli cui è devoto. Con sguardo profondo e acuta analisi questo
saggio ci fa riflettere sul nostro vivere quotidiano.
Il tono assolutamente personale dell’autore rappresenta una provocazione
intellettuale, una sfida alle nostre perplessità in vista di un’apertura
verso le cose davvero importanti, che fanno della vita l’arte del
vivere. I nostri eccessi sono diagnosticati con signorile bonomia, che
sa sottilmente suscitare anche disagio e quasi vergogna per le banalità
che abbiamo fatto nostre. Leggendolo, è molto probabile che si riesca
a rinunciare ad alcune di esse.
Viaggio nella vita è un saggio esistenziale, grondante di umanità e
insegnamenti che dovrebbe essere adottato nelle scuole perché sprona
i giovani a essere migliori, a credere nell’onestà, a diffidare dei traguardi
facili e a difendersi dalle tentazioni. Quando, quarantenne, fu
chiamato a far parte della giuria di Miss Universo a Taipei, sapendo
che si sarebbe trovato tra le 150 ragazze più belle del mondo, Tumbarello
portò con sé la moglie in Cina.
Invita chi intende divorziare – il più delle volte per orgoglio o per
dissidi che una maggiore tolleranza risolverebbe – a riflettere che non
si lascia solo la moglie, ma anche i figli e tanti affetti di persone care
con le quali si è trascorsa una parte importante della vita e che ci hanno
arricchito l’esistenza. Il libro è un inno alla felicità di viverla con
semplicità e anche alla convenienza di rispettare le regole e la morale.
Non è vanità né mania di protagonismo il dovere spesso parlare
di sé e di ciò che gli è capitato. Ma un’esigenza narrativa con cui descrive
l’animo di uomini e donne nella loro evoluzione. Pur avendo
acquisito, grazie a una travagliata e brillante carriera, l’autorevolezza
per raccontare in prima persona, si percepisce il disagio che prova nel
narrare episodi che lo riguardano.
L’onestà è una furbizia sostiene dopo avere conosciuto criminali
che maledicono il giorno in cui furono indotti a delinquere. Qualsiasi
forma di tornaconto gli è estranea. Quando un produttore cinematografico
americano gli propone un ingaggio da autore e sceneggiatore
a Hollywood, i figli ancora adolescenti e la moglie, pur sapendo che
godrebbero di un reddito dieci volte maggiore, gli aprono gli occhi,
chiedendogli come mai non gli piaccia più fare il giornalista.
Il direttore di un quotidiano di informazione – ma collocato politicamente
– era affascinato dal suo modo di interpretare e descrivere gli
eventi. Gli sarebbe bastato prendere la tessera del partito per diventare
corrispondente da Pechino. «Pur non discriminando un’ideologia dalle
altre, se abbandonassi la mia indipendenza, non sarei più il giornalista
che apprezzi e ti deluderei». Così motivò al direttore il diniego
all’allettante proposta.
Secondo Tumbarello, i nostri veri nemici crescono dentro di noi.
Potremmo distruggerli, come ha fatto lui, che, però, rassegnato aggiunge:
«Avidità, egoismo, gelosia, pettegolezzo, invidia e avarizia,
che ci limitano nella crescita, fanno parte del nostro patrimonio culturale
da cui ci sentiamo protetti e al quale siamo affezionati, come se
fossero le nostre radici».
Il libro è un dialogo continuo e intrigante con il lettore, alle cui domande,
l’autore risponde, come se le udisse davvero. È come se parlasse
con un amico, perché tale, dopo tanti anni, lo considera. Il racconto di
esperienze, esaltanti o drammatiche, è solo un pretesto per dimostrare
che la vita è sempre meravigliosa se si asseconda la propria versatilità.
Giornalista di lungo corso, accosta spesso la politica alla sua attività,
essendo due arti che necessitano di grande passione e dedizione
agli altri. Dipendendo le capacità soprattutto da una particolare sensibilità,
sono necessarie cultura, una lunga gavetta e – siccome non si
impara da soli – soprattutto formazione con buoni maestri. Se no, si
ripetono gli inevitabili errori iniziali e non ci si evolve.
Tutti credevano che andasse spesso a trovare Saragat, anziano e
dimenticato presidente della Repubblica, solo per affetto. Tumbarello
ammette che era anche il suo continuo desiderio di sapere che lo
induceva a frequentarlo. Ogni volta che usciva da quella casa aveva
arricchito il suo bagaglio culturale, come se in due ore avesse letto una
decina di libri.
Ha goduto della stima e dell’amicizia di Sandro Pertini, mentre era
capo dello stato. Ma non gli chiese mai nulla perché il rapporto non
scadesse nel mero interesse né nella riconoscenza. Se potenti e umili
lo hanno accolto in casa è perché non tradì mai la fiducia di nessuno,
né li trattava con esagerata deferenza.
Pur vivendo in condizioni economicamente dignitose, ma modeste
rispetto al livello professionale e sociale raggiunto, Tumbarello è stato
un uomo molto vicino al potere. Però, nell’umiltà della sua riservatezza,
non ne approfittò mai. Non fu neppure tentato di tradire il patto di libertà
e onestà intellettuale con i lettori, continuando, così, a godere della
loro fiducia. Non nasconde che, con una maggiore flessibilità, avrebbe
evitato tanti licenziamenti, dovuti a meschine gelosie, e goduto di molti
privilegi. Si scusa, infatti con moglie e figli perché, se fosse stato meno
severo col potere, sarebbero vissuti in una maggiore agiatezza.
Non chiese mai un’intervista. Erano gli stessi personaggi potenti,
famosi o altolocati, incuriositi dalla sua apparente indifferenza, a chiederglielo.
Né poneva domande quando gliela concedevano. È convinto
che l’errore più grave di un giornalista e di un politico sia rinunciare
alla libertà di pensiero. Certo, l’indipendenza ha un prezzo, per di più
elevato, che, però, conviene pagare.
È duro anche il suo giudizio sul consumismo, che non è benessere,
ma dipendenza dal superfluo, quindi schiavitù. Oggi, in effetti, pochi
di noi conoscono la vera miseria. Non più abituati ai sette anni di
vacche magre, che si alternano a periodi più opulenti, lamentiamo la
crisi appena dobbiamo rinunciare a un bene inutile. Né ci adattiamo a
lavori umili perché ormai assuefatti a troppe comodità. Ecco perché,
repubblicano per amore dell’uguaglianza, si è sorpreso a chiedersi se,
con la monarchia, in Italia ci sarebbe più cultura e moralità.
Tumbarello auspica la soppressione dei vecchi schieramenti politici.
Destra e sinistra, secondo lui, erano comprensibili 70 anni fa,
quando uscivamo da una guerra disastrosa. Oggi escludono i migliori,
che il più delle volte non fanno politica. La vera lotta deve essere tra
laici e cattolici, perché assieme combattano prepotenza e arroganza.
La ricchezza interiore che il libro trasmette, emerge in ogni pagina ed
è legata alla qualità delle persone incontrate dall’autore, oltre che alle
situazioni vissute.

Tale traguardo gli consente di affermare, con una punta di orgoglio,
seppure l’umiltà sia sempre la sua forza, «non ho notizia di altri
cui un pontefice abbia detto “si faccia vedere più spesso”. Né un capo
di stato, “in casa nostra c’è sempre una stanza per lei”».
In effetti, la galleria di personaggi che appaiono – certo, solo una
piccola parte di quelli che ha incontrato – è ricca e variegata. Politici,
intellettuali, attori, musicisti, regnanti, capi di stato, scienziati. Ma anche
camiciai, ladruncoli, fatui protagonisti del jet set, criminali, dittatori,
terroristi… Molti dei nomi, che in altri tempi erano roboanti, oggi
sono sconosciuti alle giovani generazioni. Però, rivivono nel libro con
tale vitalità da sembrare attuali (del resto, se Achille non avesse trovato
Omero, chi ne avrebbe più parlato?).
Tumbarello ne tratteggia il profilo interiore in una prospettiva nuova
e per tanti versi sorprendente, facendo emergere quella santità laica
che è in ognuno e che può appartenere a qualsiasi essere umano.
Molti sono gli antenati di chi gestisce oggi il potere o di chi lo inquina.
Se le vicende sono così appassionanti è perché le fa giustamente apparire
come genitrici di quelle che viviamo ai nostri giorni e ci sono
utilissime. Perché solo conoscendo l’antefatto si può capire l’attualità.
Una ricca signora non sa che fare del manoscritto affidatole da
Mario Puzo e lui consente che Il Padrino venga alla luce. La chiacchierata
casuale con un magistrato, che, grazie a lui, risolve un errore
giudiziario, lo trasforma nell’italiano più influente del Brasile. L’accenno
alla gravidanza di Lady Diana gli fa presagire il rischio mortale
che la principessa corre con Dodi Al Fayed.
Giovanni Paolo II fu il primo a capire che mentre gli altri guardano,
lui vede. Significa che per fare il giornalista non basta sapere
scrivere. Ci vuole una particolare sensibilità che segnali l’avvicinarsi
di un evento e ne preveda le conseguenze. Come pure per fare politica.
Ecco perché riesce a intuire l’elezione di Obama e le dimissioni di
Benedetto XVI.
«Viviamo ormai in una società in cui, scontenti di come sono, tutti
recitano il ruolo del personaggio che vorrebbero essere», dice Roberto
Tumbarello. «A rivelare la finzione sono le in terviste, impietoso specchio
in cui tutti inorridiscono nello scoprire il proprio aspetto reale».
Da questa lezione di vita, il lettore deduce che il futuro del paese e dei
nostri figli non dipende solo dai politici, ma soprattutto dal comportamento
di ognuno di noi.

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